Esperienza di laboratorio filosofico in classi terze di una scuola secondaria di primo grado

Esperienza di laboratorio filosofico in classi terze di una scuola secondaria di primo grado
Luglio 9, 2019 No Comments Filosofia per bambini Alessandro Maranesi

di Alessandro Maranesi

Nei primi mesi del 2018 il Dirigente di una scuola secondaria di primo grado del territorio fermano ha chiesto, come supporto alla riflessione su di sé e sulle proprie scelte scolastiche, per gli alunni delle classi terze, l’intervento del gruppo di ricerca nato presso il Corso di Laurea in Filosofia dell’Università di Macerata. Il gruppo si occupa, oltre ad altre attività, di organizzare laboratori filosofici per i più giovani mirati allo stimolo del dialogo, all’ascolto e allo sviluppo del pensiero critico.

Il gruppo di UniMC, prima dell’inizio dell’attività, ha presentato a genitori e insegnanti obiettivi e modalità del lavoro di Ricerca e Azione, progettato considerando anche il numero di ore a disposizione, quattro per ogni classe, da suddividere in due incontri. È di grande importanza entrare in sinergia con famiglie e corpo docente, perché il/la giovane che partecipa all’iniziativa possa affrontare con la giusta convinzione questa nuova esperienza. L’incontro è stato anche un’importante occasione per definire la funzione dell’insegnante durante le sessioni filosofiche in classe: è stato richiesto loro, infatti, di organizzare la propria presenza secondo uno stile autorevole, utile a conferire all’incontro un’atmosfera di apertura al dialogo e alla partecipazione attiva, fungendo anche da mediatori tra gli studenti e il gruppo di lavoro, qualora fosse necessario regolare le interazioni. Si è esplicitamente richiesto di non fare interventi sui contenuti in discussione, per non condizionare i/le giovani, che avrebbero potuto decidere autonomamente se esprimersi o no. È responsabilità del conduttore della sessione, detto anche facilitatore, trovare eventualmente il modo di coinvolgere nel lavoro l’intero gruppo; ha il compito di sollecitare e stimolare la discussione e l’approfondimento, di essere sostegno e accompagnatore dell’intero processo dell’indagine filosofica, di monitorare la validità della discussione e della ricerca.

Il progetto ha previsto innanzitutto una fase di programmazione, nella quale si sono definiti gli obiettivi e le attività. Oltre a perseguire le finalità generali della creazione di una piccola comunità di discussione e riflessione, si è mirato anche al conseguimento di obiettivi più specifici: come quello di accompagnare i ragazzi, alle prese con la questione della scelta dell’indirizzo di scuola superiore di secondo grado, nella messa a fuoco delle proprie attitudini, aspettative, motivazioni, interessi e limiti, contribuendo con ciò alla costruzione di una immagine di sé consapevole. Sono poi seguite due sessioni di lavoro in classe.

Il metodo utilizzato ha previsto la presenza di un facilitatore ogni dieci ragazzi circa. Essendo tutte le classi di numero superiore a venti, ne sono stati assegnati due ad ognuna, in conduzione contemporanea, modalità già rodata nelle precedenti esperienze scolastiche del gruppo di ricerca-azione. Lo sviluppo della prima sessione ha visto le due ore così suddivise: una prima parte dedicata alla presentazione del progetto ed alla conoscenza dei ragazzi; una seconda alla lettura di un breve racconto che ha costituito il pretesto per invitare i ragazzi a porre domande, da cui estrapolare temi per la discussione insieme. Una terza ed ultima parte riservata alla condivisione di impressioni, stati d’animo e riflessioni conclusive. La preparazione della seconda sessione, che ha mantenuto la stessa struttura di base, è stata effettuata solo dopo la conclusione della prima: per elaborare un percorso più mirato, in base alle caratteristiche di ognuna delle quattro classi emerse durante la prima sessione.

Per la buona riuscita di una sessione è importante creare un setting capace di garantire le condizioni affinché l’ambiente scolastico sia favorevole alla comunicazione e alla partecipazione di tutti, ed a rafforzare nei ragazzi l’idea che questa attività è qualcosa di altro rispetto alle discipline del loro curriculum scolastico. Per far questo è necessario un facilitatore adeguatamente formato, l’utilizzo di materiale didattico costruito appositamente per stimolare l’indagine e la riflessione filosofica, e tutto ciò che serve per scrivere e/o disegnare: lavagna normale, a fogli o LIM, fogli, cartelloni, pennarelli, matite. È preferibile che il laboratorio si svolga in una stanza diversa da quella in cui abitualmente c’è la lezione quotidiana. Quando non è possibile, come nella scuola in cui abbiamo operato in questo caso, è opportuno cambiare almeno la disposizione nell’aula, distribuendo i banchi in modo da lasciare lo spazio per sistemare le sedie in cerchio. Questo assetto, di chiara ispirazione lipmaniana, favorisce la circolazione di domande, lo scambio di opinioni, la condivisione delle idee, la coesione del gruppo, l’aiuto reciproco e soprattutto dà a tutti la possibilità di guardarsi negli occhi, rompendo lo schema tipico della lezione frontale.

Nella fase iniziale, dedicata alla presentazione, può risultare efficace attingere ai giochi utilizzati nei laboratori teatrali.[1] In questa specifica esperienza la prima sessione è iniziata con l’esercizio dal titolo Rompighiaccio: ci si mette in cerchio, il primo dice il proprio nome e lo accompagna con un gesto semplice; il secondo dice il proprio nome ed esegue un gesto unendolo a quello del ragazzo che lo precede, cioè aggiunge il suo gesto a quello del compagno prima di lui; si va avanti così, tanto che l’ultimo dovrà compiere un gesto lunghissimo, frutto dei gesti precedenti e del proprio. In questo caso abbiamo proposto una piccola variante in cui i ragazzi, insieme al gesto, potevano esprimere una parola che li rappresentasse.[2]

Questa attività, oltre ad aiutare a memorizzare in poco tempo tutti i nomi, solitamente coinvolge i ragazzi, che ne colgono lo spirito e in genere si prestano al gioco. Per superare eventuali timori ed imbarazzi iniziali, è utile che siano i facilitatori a cominciare, estremizzando i movimenti, in modo da dare licenza a tutti di osare. Anche il coinvolgimento degli insegnanti può dare risultati interessanti.

In un ambiente “riscaldato” con l’attività di cui si è detto, dopo una breve digressione in cui si è tentato insieme ai ragazzi di chiarire il significato della parola filosofia, è arrivato il momento della lettura de Il tempo del silenzio[3], il brano scelto dal gruppo di lavoro in quanto ritenuto ricco di stimoli e di spunti di riflessione coerenti con gli obiettivi proposti in fase di programmazione. Per favorire la comprensione del testo è utile leggerlo più volte, invitando i ragazzi a farlo, però, senza forzare la mano e rispettando i tempi di ognuno. Al termine della lettura si sollecitano i ragazzi ad esprimere le loro curiosità o i dubbi, formulando delle domande che vengono raccolte alla lavagna indicando a lato il nome di chi le ha poste. A seguire, si procede con la creazione di un’agenda, ovvero con la selezione delle domande da cui vengono poi estrapolati i temi per avviare la discussione: procedimento che si compie attraverso la collaborazione dell’intero gruppo classe. 

In questa fase il ruolo del facilitatore è quello di coordinare, stimolare e tenere le fila di un dibattito alimentato e sostenuto, però, dai ragazzi stessi, senza risultare invadente e cercando il più possibile di mostrarsi collaborativo, aperto ad accogliere tutti i contributi senza esprimere valutazioni (neppure in modo non verbale). È importante evitare di manifestare giudizi e tener viva la consapevolezza che si possono osare anche risposte e, soprattutto, domande che potrebbero essere valutate come errate: ogni intervento è l’occasione per una nuova riflessione. Nel caso sia necessario rilanciare una questione, occorre farlo sempre considerandola questione del gruppo e non rivolgendosi alla singola persona, facendo anche attenzione a non sovrapporre significati o interpretazioni proprie. Sono da evitare domande disgiuntive (come, ad esempio, “o questo o quello”), che facciano intendere la necessità di convergere in un’unica risposta, per non cadere in una dinamica che si fonda sugli opposti più che sul continuum dei significati possibili.

Se i ragazzi fanno fatica ad esprimersi, a dialogare, a fare domande, si possono trovare vie per stimolarli. Nella prima delle classi con cui abbiamo lavorato in occasione di questa esperienza, ad esempio, poiché ci si è accorti di un avvio un po’ stentato, si è scelto di procedere con un approccio più sensoriale e concreto al tema emerso con la lettura, il silenzio: si è suggerito ai ragazzi di chiudere gli occhi e ascoltare i rumori intorno, per poi descrivere le loro sensazioni. Questa esperienza ha segnato un cambio di direzione, poiché ha favorito la concentrazione e l’innalzamento del livello di condivisione e partecipazione. Per questo motivo, programmando la sessione successiva, si è concordato che dopo la lettura del nuovo testo scelto, Un posto per un’idea[4], si sarebbe subito chiesto ai ragazzi di esprimersi non solo con le parole ma anche attraverso un disegno. Questa soluzione ha fatto entrare in gioco anche chi, precedentemente, era stato in disparte.

Nella seconda classe, riscontrata una certa ritrosia al confronto e poca inclinazione al dialogo, si è deciso che lo stimolo iniziale, al posto del testo, sarebbero stati dei bigliettini con delle citazioni di filosofi: i ragazzi avrebbero potuto sorteggiarli, leggerli e commentarli. Questa modalità ha favorito l’interesse e la partecipazione dei ragazzi, che si sono poi prestati in maniera più sentita alla successiva discussione, articolata sui temi estrapolati dalle citazioni.

Abbiamo fatto esperienza di classi che hanno elaborato domande di stampo decisamente filosofico: evidenziando capacità di ragionare insieme, di trovare collegamenti tra più questioni, abilità argomentativa e di astrazione, nonché sensibilità e profondità speculativa. In tali situazioni è utile che il facilitatore lasci ancor più ampio campo libero ai ragazzi, diventando un osservatore che si dà soprattutto il compito di mantenere il focus sull’argomento di discussione, nel caso ci siano uscite palesemente fuori tema.

Una delle quattro classi era stata presentata dal Dirigente come più ostile e, fin dal primo momento, in effetti essa ha fatto di tutto per ottenere la conferma di questa etichetta, con domande provocatorie e tentativi continui di disturbare la sessione. Lo staff di ricerca-azione si è posto in ascolto, cercando di capire il motivo di questo atteggiamento, per poi riflettere su come trovare una soluzione a questo problema, riuscendo infine a ribaltare la situazione. Spesso comportamenti di questo tipo sono maschere per nascondere un forte desiderio di essere ascoltati, ed è importante porsi in modo comprensivo e propositivo. Quando i ragazzi hanno capito di avere la nostra fiducia, hanno mostrato oltre che curiosità, anche espressioni di grande ricchezza interiore. L’incontro è terminato in un affettuoso abbraccio collettivo al grido di: “Evviva la filosofia!”.

Interessanti sono state le riflessioni emerse durante le diverse sessioni di lavoro: i brani proposti hanno portato allo sviluppo di tematiche come il cambiamento, la vita, il silenzio -da cui era nato, in maniera spontanea, un interessante dibattito -, questioni come la crescita, l’amicizia, la fiducia, l’aiuto, la paura di fallire, portando alcuni ragazzi ad intervenire condividendo di loro iniziativa episodi e situazioni difficili del proprio vissuto. Sono emersi anche altri due temi: quello dell’interiorità, del silenzio inteso come strumento necessario per poter realmente ascoltare se stessi, e quello del razzismo, che i ragazzi hanno provato a definire indicandolo come “pensieri sbagliati verso gli altri”, “odio per altri popoli”, “come paura innata del diverso da sé”. A questa considerazione hanno fatto seguito altre riflessioni sulla definizione stessa di “diverso” e sulle cause della paura della diversità, che è stata attribuita all’ignoranza o ad un senso di inferiorità della propria etnia di appartenenza, che cerca di compensare questa sensazione sminuendo e denigrando le altre popolazioni.

In conclusione si può dire che gli obiettivi principali, intraprendendo strade diverse e flessibili, sono stati raggiunti: attraverso la creazione di un clima di fiducia e comprensione sono state poste le basi per la realizzazione di una piccola comunità di discussione e riflessione in cui i ragazzi sono riusciti ad esprimersi, ad ascoltarsi reciprocamente, a condividere le proprie idee con il resto della classe, senza aver timore di sbagliare o di essere giudicati. Le tematiche emerse hanno anche permesso di affrontare la questione sulla scelta dell’indirizzo scolastico, mettendo in gioco riflessioni sulle proprie attitudini, interessi e motivazioni. Per ottimizzare ulteriormente il lavoro, consolidare i risultati raggiunti e proporsi obiettivi sempre più definiti è preferibile poter organizzare sessioni brevi, di un’ora al massimo, ed un numero di incontri superiore a quanto è stato possibile in questa esperienza: è la continuità della pratica  in uno stesso ambiente sociale a far sì che il gruppo di persone che la esercita diventi una comunità di ricerca, ossia un gruppo che vive la propria vita comunitaria condividendo essenzialmente gli obiettivi e i valori della ricerca, condividen


[1] Un testo di riferimento, tra i più utilizzati, può essere V. Spolin, Giochi di teatro per le scuole, trad. it. a cura di C. De Caro, Dino Audino Editore, Roma 2005

[2] Per gli esercizi di teatro cfr. Piccola Fucina Teatrale,

http://www.sigh.altervista.org/teatro/esercizi_di_teatro.php#rompighiaccio, (accesso il 10 febbraio 2019)

[3] E. Bencivenga, La filosofia in 42 favole, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2007, p. 51

[4] Ibi, pp. 45-46

*Articolo disponibile in “Nuova Secondaria“, mensile di cultura, ricerca pedagogica e orientamenti didattici – fasc. 9 maggio 2019.

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